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Il Romanzo

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    Cap 1°        Porta di Mare

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    Cap 2°        Notturno

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    Cap 3°        Maddalena

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    Cap 4°        La Pietraia

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    Cap 5°        Il Vicolo

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    Cap 6°        La Vigilia dell'Assunta

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    Cap 7         Tempesta di mare

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    Cap 8°        Calura  

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    Cap 9°        Mattia

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    Cap 10°      Quiete

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    Cap 11°      Sciame meteorico

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    Cap 12°      Il mirteto

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    Cap 13°      Cassiopea

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   Cap 14°      Maestrale

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    Cap 15°      Il castagneto

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    Cap 16°      Vaniglia

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   Cap 17°      Bava di vento

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   Cap  18°     Solitudine

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    Cap 19°     Allegro ma non troppo

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    Cap 20°     Andante moderato

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    Cap 21°     Andante maestoso

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    Cap 22°     Adagio

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    Cap 23°     Autunno

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    Cap 24°     Tempo

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    Cap 25°     Prestissimo

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    Cap 26°     Allegro energico

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    Cap 27°    Allegro con moto

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    Cap 28°     Largo

   

  

cap XIV

 Maestrale

 

Michele si svegliò all’improvviso. Soffiava un vento fortissimo. Tintinnavano i vetri, sbatteva un’imposta. Aveva tanto sonno e non riusciva ad alzarsi. Tentò di riprendere sonno, ma la novità della stanza e tutto quel sibilio lo incuriosivano. Accese la luce per vedere che ora fosse. Erano già le nove, avrebbe potuto alzarsi, ma non aveva alcun senso. In tutto quel frastuono, si

sentiva ancora di più il silenzio che c’era in casa. Si mise seduto in mezzo al letto. Voleva godersi  i pochi giorni di vacanza che aveva.

Passò una mano sul viso, la barba era molto ruvida.

“Si vede che sono abituato al alzarmi molto presto, è già cresciuta molto”

Stava per accendere un sigaro, ma si trattenne.

“Potrei approfittare per ossigenarmi un pò. Qui l’aria è pulita. Dovrei stare più attento, fumo troppo”

            Si rimise giù.

            Spense la luce.

Mattia dormiva ancora. Michele approfittò per rilassarsi. Ne aveva bisogno.

I sibili, i fruscii degli alberi, lo stridio delle Agavi lo affascinavano.

            La cosa più esaltante era il rimbombo del mare. Sbatteva sulla spiaggia e sugli scogli con una violenza tale da produrre il boato del tuono.

            “Sarà un’altra giornata di pioggia”

Pensò.

“Sono qui per riposarmi, anche se restiamo chiusi in casa, non me ne importa”

Aveva subito il fascino della Pietraia e di quei posti incantati.

“Hanno l’effetto di una droga. Quando ci stai un giorno, non vorresti andare più via. Ha ragione Mattia, credo che trascorrerò qui le mie prossime vacanze”

Si riaddormentò, senza accorgersene.

            Dopo alcune ore si svegliò, completamente riposato, con la barba ancora più ruvida.

            La casa era sempre avvolta nel silenzio, mentre fuori il maestrale continuava implacabile con la sua furia.

“Santo cielo, non sarà  già sera!”

Guardò l’orologio. Era mezzogiorno passato.

Decise di alzarsi. Si recò in cucina, senza fare il minimo rumore, per non svegliare l’amico.

            Voleva preparare del caffè, ma trovò anche l’altra caffettiera  sul fornello. C’erano tante tazzine sporche.

            “Possibile che Mattia abbia già fatto colazione e sia uscito? Devo aver dormito come un sasso”

Andò in bagno a fare la doccia. Credeva di essere da solo e cominciò a canticchiare.

            “Si sta bene, in questa selvaggia dimora. Ora che Mattia è uscito mi sembra di esserne il padrone. Mi sento davvero a mio agio”

Quando ebbe finito di vestirsi, aprì le imposte.

            Fu completamente abbagliato dal sole.

            Il cielo era limpidissimo. Il maestrale l’aveva ripulito da ogni nuvolaglia. L’aria era pungente.

Aveva voglia di sentirsi immerso nella natura, uscì per guardare il paesaggio dalla terrazza naturale.

In giardino, le furia del vento aveva rovesciato dei vasi, i cuscini dei divani erano sparsi ovunque. Cercò di mettere un pò di ordine, si accorse che il cancello era ancora chiuso.

“Mattia dorme ancora. Povero amico mio, Maddalena ti ha ammaliato come una sirena e come una sirena ti ha messo fuori combattimento!”

Michele non aveva creduto ad una sola parola dei  discorsi di Mattia, capiva che non si profilavano giorni tranquilli dal punto di vista emotivo. Non lo invidiava. Maddalena era veramente bella, molto sensibile e intelligente, ma personalmente non si sarebbe cacciato in quella situazione scabrosa.

“Non credo che vorrò mai una famiglia, una donna, specie a questo prezzo”

Era rammaricato per questa situazione nuova, nella vita di Mattia. Forse l’ostacolo più grosso era anche il luogo.

“Benedetti piccoli centri! Da un lato ti danno il senso della vita vera, dall’altro te la tolgono proprio”

Accese il sigaro e continuò a mettere a posto tutto ciò che era caduto a terra.

Rifletté sui vantaggi della grande città.

“A Parigi nessuno farebbe caso ad un fatto del genere. Non si contano le separazioni, gli annullamenti”

Ripensò all’angusto vicolo che conduceva alla casa di Maddalena.

“Quelle case ti si appiccano addosso, figurarsi la gente. Povero amico mio, brutta scelta! Torna a Roma o fuggi a Parigi con la tua Maddalena, se proprio non ne puoi fare a meno”

Promise a se stesso di non nominare Maddalena, ne di fare allusioni. Rientrò. Mattia dormiva profondamente, il respiro pesante si sentiva attraverso la porta della camera.

Decise di mettere ordine in cucina, per preparare del caffè. L’aroma intenso che si diffondeva per tutta la casa svegliò Mattia.

Aprì gli occhi e per la prima volta era realizzato sul luogo, ma non ricordava la presenza di Michele. Pensò che qualcuno fosse sceso a preparargli la colazione.

Era ancora intontito dal sonno. Michele cominciò a fischiettare, ma l’infuriare del vento copriva i piccoli rumori domestici.

Mattia ripensò improvvisamente all’amico, fu sorpreso nel trovarsi completamente vestito e, semiaddormentato, si recò in cucina.

“Vedo che sei vestito di tutto punto. Complimenti, hai fatto già una passeggiata?”

“Scherza, scherza! Non ci capisco più niente. Stasera vado a letto alle otto o comincio a dare i numeri”

“Guarda che non ci vuole poi molto, volendo puoi già tornare a letto”  disse mostrandogli scherzosamente l’orologio e porgendogli una tazza di caffè.

“Per lei signor baroncino! Dove mi condurrà oggi, sua eccellenza? Andremo per mare, per terra  o per aria? Tanto basterebbe librarsi dalla terrazza, per altro senza finire come Icaro, dal vento che infuria!”

Michele era allegro. La Pietraia lo faceva star bene. Quel silenzio interrotto dalle raffiche del vento, lo aveva allontanato dal lavoro, dalla stanchezza e Mattia gli era grato, perché lo contagiava.

“Cassiopea sarà ancora sconvolta dalle onde, Se vuoi usciamo lo stesso in mare” gli rispose.

Michele non era esperto e affatto temerario.

“Grazie, il vento posso goderlo da qui e, a parer mio, separati, vento e mare si godono meglio” Con fare casalingo, aggiunse:  “Ho fame, posso preparare qualcosa se c’è qualcosa da poter preparare!” Michele si sentiva proprio a casa sua.

“Non ti agitare, fra meno di mezz’ora, arriverà qualcuno a rassettare e a vedere se siamo vivi”

Sorseggiò il caffè bollente, raccontò della lunga passeggiata notturna.

“Devo essere impresentabile!”

“Concordo pienamente” affermò Michele “Provvedi a darti una bella rasata, amico! Stasera si torna da Massimino. Vorrei assaggiare il vino rosso”

Nel fracasso del vento sentirono chiamare dal cancello. Era Giacomo.

Andarono incontro al giovane. Era molto stanco, anche se per il forte vento non erano usciti in mare per la pesca, così raccontò.

“Vuoi del caffè, entra, stai un pò con noi”

Giacomo si sentiva un pò in soggezione. Michele lo metteva a disagio. Lui era amico d’infanzia di Mattia, dunque compagno di giochi, di paure, di turbamenti sessuali. Anche se posti agli estremi del diametro sociale, erano vissuti sempre nel centro della circonferenza degli affetti.

Michele era un collega, divenuto amico nel tempo. Giacomo lo conosceva per fama, come bravissimo chirurgo, così dicevano a casa Mastai.

            Voleva andare via, ma non ebbe il tempo di riflettere che una grossa pacca e lo stridio del cancello che si richiudeva alle sue spalle, lo costrinsero a fermarsi.

“Andiamo dentro, o qui ci troviamo tra i flutti senza accorgercene. Entra pure, la Pietraia ti aspetta”

Era proprio Michele a  invitarlo. Con grande familiarità e allegria gli chiese se avesse qualche pezzo di pane con se, disse di essere disperato dalla fame. Giacomo rimase colpito dalla spontaneità di Michele.

Mattia era divenuto serio. Gli chiese come mai fosse in giro a quell’ora, di solito dedicata da lui al sonno.

“Sono preoccupato” guardò Mattia per sapere se era il caso di confidare i suoi pensieri davanti a Michele.

“Fatti coraggio, bevi il caffè che ho fatto io, tengo a precisare. Racconta al tuo amico i problemi che ti affliggono, io vado in cucina. Preparerò del sugo con qualche gamba di seggiola”

Mattia invitò Michele a rimanere. “Tanto” disse a Giacomo “Michele è al corrente della furia che ha invasato Giovanni”

Giacomo espresse le sue perplessità sulle vicende familiari:

“Stanotte mia madre non ha dormito. E’ stata sempre dietro ai vetri. Non so cosa aspettasse, cosa le passava per la testa! Fatto sta, che stamattina all’alba è andata a prendere la corriera per Serra”

Mattia era visibilmente soddisfatto. Si avverava quanto aveva immaginato.

“E quando torna?” gli chiese.

Il giovane era confuso, disse di non capire più le donne dalla sua famiglia.

“Non doveva sposarlo, io l’avevo avvertita”

“Perché, non ti piace il marito di tua sorella?” chiese Mattia lisciandosi la guancia per vedere a che stato fosse la barba, tanto per fingere indifferenza.

“Non me lo chiedere, perché non ho un motivo preciso e non saprei cosa rispondere. Io penso che una ragazza che sta per sposarsi è felice, come Anna, ad esempio. Maddalena non lo è mai stata, ne prima ne dopo. Almeno all’apparenza. Sembra sposata da quaranta anni! Pulisce sempre la casa, ricama, non vuole figli e non fa più un passo senza Giovanni”

Non si fermava più, l’elenco di negatività nella vita della sorella lo affliggevano parecchio.

“Non esce con Anna e con le altre amiche. Ricama e insegna al conventino per quattro soldi. Quando avrebbe potuto fare la maestra, lui lo ha impedito, proprio a settembre scorso. Lei non si è neanche ribellata, ha detto che le stava bene così, che prima o poi apriranno una piccola bottega artigiana di ceramiche”

Giacomo si fermò all’improvviso. Pensò di annoiare con le sue lamentele. Mattia lo incoraggiò, esprimendogli l’affetto sincero che nutriva verso la sorella e tutte le sue perplessità su questo matrimonio improvviso.

“Come mai neanche tu mi hai spedito un invito, una lettera? Mi sarei precipitato”

“E bravo! Fa parte del quadro generale. Lui non ha voluto. Ha fatto capire che era un pò seccato del legame che ti aveva sempre unito e Maddalena. Lo ricordo ancora, lei ha chinato la testa e ha detto che era meglio fare come diceva lui”

“Sarà meglio che vada a radermi e fare la doccia” disse Mattia per allontanarsi.

Avrebbe fatto la doccia fredda, perché era tale l’ira che se avesse avuto Giovanni fra le mani lo avrebbe ammazzato.

            Ne era certo.

            Si guardò nello specchio.

            La sua espressione gli fece paura.

Appoggiò le mani sul bordo del lavandino, con forza, come per trattenere la collera. Aprì l’acqua della doccia, lasciando scrosciare solo acqua fredda.

Non aveva ragione ad avercela con qualcuno, l’unico folle della situazione era stato lui.

Non era stato in grado di enucleare Maddalena dal contesto della sua terra, della sua famiglia.

            Ogni volta che tornava a casa era tutto così perfetto, soave, da non accorgersi che era Maddalena ad appagarlo con la sua sola presenza.

Ogni volta che partiva sentiva sempre quella strana nostalgia.

-Nanà, come faccio a vivere per tanto tempo senza di te, se quando arrivo non riesco a stare un’ora senza parlarti!-

Le aveva detto una delle ultime volte.

            Era vero, erano inseparabili.

-Anche io non posso vivere senza di te- gli aveva risposto, Maddalena. E lui, stolto, aveva pensato all’amicizia, come se avesse parlato un amico.

Lei allora aveva proseguito, forse a stento, meditando ora, sulla sua riservatezza:

-Mattia, ti penso sempre quando non ci sei. E tu?-

-Sei l’amore mio- le aveva risposto, al solito.

            “Me lo sono meritato. Quella che non meritava un matrimonio d’obbligo è stata Maddalena. E’ colpa mia. Devo riparare anch’io alle mie colpe”

Uscito dalla doccia, riprese a ragionare con calma.

“Ecco l’occasione per andare a Serra, riprendere Vittoria con la mia auto!”

Uscì dalla camera, già pronto per partire.

“Andiamo a Serra, a prendere tua madre. Ce la faremo ad arrivare prima che prenda la corriera e se vuole restare, noi alloggeremo in qualche alberghetto. Ti piacerà vedrai” concluse deciso, rivolgendosi a Michele.

“Stavo così bene alla Pietraia! Questa vacanza è molto movimentata, mio nuovo amico” disse lui, di rimando a Giacomo, che credeva di non partecipare al viaggio.

“No, mio caro, tu vieni con noi. Sei o non sei il ‘mascolo’ di casa?” gli disse ironicamente Mattia.

Giacomo prima di partire voleva avvertire la sua Anna.

“Portiamo anche lei, facciamo una bella spedizione familiare. Forse quel tonto di tuo cognato capirà quanto tutti e non solo io, teniamo a Maddalena”

Giacomo fece intendere che era impossibile far uscire dal paese una ragazza in un’automobile, da sola in compagnia di tre uomini e decisero di passare a salutarla solamente.

 “Potrei trovare anch’io moglie qui, sono tutte molto belle le donne del vostro paese. Senti un pò Mattia, non stai fermo un attimo, mi stai facendo stancare, con tutti questi giri. Spero che almeno Serra sia un bel posto. Mi potevi lasciare alla Pietraia. Che pace, che vento meraviglioso. E’ come un’orchestra!”

Giacomo ironizzò sulle virtù del vento, lui era stufo del suo paese, proprio per il vento e attribuì le virtù distensive al fatto che per loro era una situazione nuova. Il forte vento bloccava la pesca, e faceva ammalare i bambini.

“Non sarà sempre così, spero!” chiese Michele.

“Più o meno, se non peggio” rispose Giacomo sconsolato.

La sua espressione era divertente e  il viaggio cominciò con serenità.

 

 

 

 

cap XV

 Il castagneto

 

La statale che conduceva a Serra era molto stretta, incorniciata da un panorama bellissimo. Alti castagni fronzuti e fittissimi, univano i loro rami in pacifica convivenza. Erano carichi di ricci verdi, acuminati, gelosi del prezioso frutto custodito nel cuore lanuginoso.

Guidava Giacomo, perché Mattia, stanco e inquieto, preferiva osservare il paesaggio, che nei suoi ricordi era straordinario. Si saliva rapidamente, l’aria diventava pungente. Dopo una stretta curva si aprì una piazzola, dove una cappelletta accoglieva i visitatori di passaggio per una breve sosta di preghiera o semplicemente per riparo dalle intemperie.

            Era dedicata proprio alla Madonna dell’Assunta.

A fianco una trattoria con quattro tavoloni serviva cibi caserecci, locali.

Michele voleva essere adempiente alla crisi mistica del suo stomaco e volle fermarsi. Si precipitò verso l’oste che aspettava sulla porta i possibili o quanto mai improbabili avventori.

Michele si affrettò a chiedergli un tavolo per tre,

Non colse il tono scherzoso, dal momento che là si sostava più per pregare che per mangiare.

“Certo siete un pò in ritardo, abbiamo finito tutto, ma qualcosa arrangeremo”

Giacomo e Mattia sorrisero, mentre Michele, che era affamato, aveva preso la cosa sul serio.

“Non avete niente di pronto?” gli chiese.

“Ci porti del pane, del formaggio e della frutta, anche prosciutto” disse Mattia, mentre l’oste si allontanava a prendere il pane.

“Tornerò a Parigi obeso, col fegato a pezzi ed esausto. Che bell’amico che sei!”

Michele sperava di rallegrare Mattia, che era sempre più scuro in volto, forse un pò seccato per la pausa.

“Bisogna pur mangiare!” aggiunse.

Mattia prese un grappolo d’uva ed uscì a guardare il panorama. Non aveva voglia di mangiare, non voleva stare in compagnia.

            L’aria fresca fu subito benefica.

Il profumo del castagneto era inconfondibile. Faceva parte del suo patrimonio mentale e materiale, dato che tutti quei castagneti erano di loro proprietà.

L’incredibile fragranza che creavano i castagni, il finocchio selvatico, la strisciante mentuccia, il rosmarino era una sensazione olfattiva difficile da dimenticare. Si avvicinò a un muretto, che separava la piazzola dallo strapiombo sulla vallata, da lì si poteva osservare anche il mare.

            “Terra straordinaria!”

Mangiava lentamente gli acini succosi, lisci, morbidi, quasi con avidità.

            Gli ricordavano le labbra di Maddalena.

            Entrò nella piccola cappella.

La fede di Mattia e la sua praticanza si erano molto affievolite nel corso degli anni. Non andava in chiesa da quando aveva fatto la cresima, dopo aver lasciato il collegio dei Gesuiti.

C’era nella cappella l’olezzo tipico delle chiese piccole, una specie di tanfo generato dai fiati stantii e dal sego dei ceri, sempre accesi. Tutto, dal legno dei banchi, al marmo delle pareti emanava quell’odore.

Un lumicino rosso illuminava fiocamente l’immagine sacra dell’Assunta. Mattia si avvicinò. Una targa d’oro, sotto la cornice imbrunita dal tempo, riportava l’incisione:

            ‘A devozione perenne’

seguita dal nome: Marta Mastai  A.D. 1820

Lo ignorava, la cappella era stata fatta edificare da una sua antenata. Il ritratto che la raffigurava era nell’ala vecchia del Palazzo.

“Anche la cappella!”

Cominciava a sentirsi stretto. ovunque si girasse trovava sue proprietà. Quanto più si allargavano tanto più sentiva che potevano crearsi problemi per il suo futuro con Maddalena.

Non si era mai reso conto di essere così ricco. Un colto, facoltosissimo possidente.

            Fu un’ illuminazione sinistra.

            La sua famiglia era ricchissima da secoli.

            Baroni, ricchi e possidenti.

La versione di Giacomo poteva essere accettabile sul fatto che Maddalena si fosse piegata al desiderio di Giovanni di non invitarlo al matrimonio, ma le madre perché non avrebbe dovuto avvertirlo? Lei non poteva essere la confidente delle gelosie di Giovanni.

            Era evidente: lo aveva fatto perché temeva che il figlio amasse Maddalena, e non per gioco.

Tutti i parenti avevano sposato altri nobili o gente molto in vista. Avrebbero perso lustro annunciando il matrimonio di Mattia Mastai con Maddalena Resta, figlia della sua nutrice. Maledì il momento in cui aveva deciso di tornare nella sua terra. Si sentì a disagio nel maturare pensieri astiosi in un luogo di culto.

Passò in rassegna mentale tutti i suoi averi. Non riusciva a ricordare tutto. Gli anni avevano spazzato con raffiche di tempo realtà che forse neanche conosceva.

Ripensò alla docile Cassiopea. La notte l’aveva accarezzata come una donna. Dei suoi beni lui ricordava quelli che aveva usato, che secondo lui servivano. Immaginò con tristezza che forse Maddalena si era sentita “un suo bene” in tutti questi anni di amore platonico, fatto solo di parole e affettuosità fraterne.

Il silenzio totale che circondava la chiesetta lo guidava su pensieri meno violenti, forse più razionali. La penombra al suo interno aveva illuminato definitivamente la situazione.

Ripensò alla gioia provata all’arrivo nella sua terra, alla passione che lo aveva sconvolto.

            Si era lasciato trascinare come una bestia. Era completamente diverso da come aveva sempre vissuto, con onestà e grande spontaneità.

“Ho sbagliato, ho sbagliato tutto. Non dovevo intromettermi brutalmente nella vita di Maddalena”

            Pensò di rimediare come poteva.

Anche questo viaggio era una violenza subdola.

 Giovanni le aveva usato subdola violenza fisica prima del matrimonio, ora le usava violenza psicologica per costringerla a non lasciarlo.

            E lui, proprio lui che pensava di amarla alla follia non l’aveva avuta con la dolcissima violenza della sua passione? Maddalena lo amava e glielo aveva pure detto, ma perché indotta a farlo, altrimenti avrebbe continuato la sua vita di sempre.

            Povera Nanà!

            Si sentì un tiranno.

            Ora l’avrebbe lasciata in pace, libera di decidere, e      qualunque decisione lei avesse preso lui l’avrebbe             rispettata.

Decise che avrebbero proseguito, ma arrivati a Serra sarebbe sceso solo Giacomo, mentre lui e Michele avrebbero proseguito fino al paese più vicino. All’indomani sarebbero rientrati, da soli.

Era una questione della famiglia Resta. Lui era e doveva rimanere un fraterno estraneo. Certo l’idea di rinunciare a lei, almeno fin a quando i desideri di Maddalena non erano chiari, lo faceva stare male, ma doveva farlo. Uscì tristissimo dalla chiesetta, dopo  questa strenua lotta con la sua razionalità.

Ancora una volta l’aria frizzante gli diede sollievo.

Michele lo chiamò, incoraggiandolo ad assaggiare il pane caldo, croccante. Mattia era scuro in volto, non volle assaggiare nulla.

“Crisi mistica sulla via di Serra? Novello apostolo, prendi un bicchiere di vino. Guarda che colore, rubino puro!”

Mattia immaginò che anche quel vino fosse produzione dei loro vigneti e lo rifiutò.

“Guarda hanno una piccola vigna qui, dietro la casa. Senti che nettare riescono a trarre”

Michele aveva compreso che l’amico non stava bene, continuò a incoraggiarlo agli assaggi ed alla fine Mattia cedette. Prima avvertì Michele della nuova decisione e l’amico non ironizzò. C’era una vera crisi, una scelta dolorosa per Mattia. Aveva i lineamenti contratti, era molto teso, triste.

Riuscirono a convincerlo ad unirsi a loro. Mangiava il pane croccante e guardava Giacomo, l’amico di sempre, che era rimasto semplice e giudizioso.

Al suo ritorno, per prima cosa avrebbe chiesto scusa a Vittorina, si era comportato molto male con l’amatissima nutrice.

Michele era visibilmente soddisfatto  dalla decisione presa da Mattia, anche se non lo dava a intendere, anche Giacomo fu d’accordo e lo disse.

“In fondo Giovanni è stato colto dalla gelosia perché adora Maddalena. Se ti vede arrivare potrebbero litigare ancora. Mia sorella non sembra più molto docile o quanto meno accomodante, come qualche tempo fa” aggiunse pensieroso.

“Non è questione di gelosia, sono affari loro, e tu fai bene ad andare a riprendere tua madre. E’ bene che restino un pò da soli” rispose Mattia, confondendo le idee a Michele.

Si rimisero in macchina. Mattia sentiva anche nell’abitacolo l’olezzo della cappelletta. Gli aveva impregnato i vestiti, i capelli.

            Gli aveva impregnato la mente.

Serra non era lontana. Arrivati in paese, lasciarono Giacomo nella piazza principale e Mattia prese la guida. In effetti guidare gli distendeva i nervi, uscì subito dal paese. Imboccò la strettissima statale. Si aprì una radura selvaggia, dove pascolavano cavalli. Erano scesi di parecchio e faceva molto caldo. I cavalli bruni scuotevano le nere code per allontanare i fastidiosi tafani. Mattia rallentò l’andatura. Si apriva una vallata, incolta, il cui terreno bruciato era addolcito qua e là dall’ombra di ulivi secolari. I loro tronchi nodosi e scavati esprimevano il desiderio ardente di acqua. I rami imploravano la pioggia a placare la siccità passata.

“Possibile che qui non abbia piovuto? Giù da noi ci sono stati temporali così violenti” disse Michele sbalordito.

“Ricorda quel che ha piovuto in un anno è asciutto in un’ora, ad Agosto” gli rispose Mattia citando un proverbio della nonna.

Il paesaggio così vario interrompeva la monotonia dei pensieri che camminavano da giorni su un unico binario ossessivo per Mattia.

In lontananza la strada si allargava, la pianura che si apriva era dolce e accogliente.

Grosse nuvole minacciose si avviavano a soddisfare i desideri della vallata  appena lasciata alle spalle.

“Se tornassimo alla Pietraia?” chiese Michele che da tempo non amava più stancarsi molto.

“No” rispose seccamente Mattia. Almeno per una sera voleva dormire fuori dai ricordi.

“Qui c’è un paesino molto bello, sempre che sia rimasto tale. Dovrebbe esserci un alberghetto”

Il progresso nella terra natale era lento, il paese era rimasto come venti anni prima, l’albergo era sempre là e sempre uguale, l’albergatore conversava con il pasticciere vicino. Come sempre.

Era quello un luogo di villeggiatura, ma Mattia lo conosceva più che altro per tutte le volte che aveva accompagnato il padre dal loro amministratore. Dunque anche lì avevano vigneti e castagneti. “Alloggiavamo nell’albergo un paio di notti, mio padre sbrigava tutti gli affari e poi tornavano a casa”

            A Mattia da bambino sembrava di andare chissà dove. L’autista procedeva con grande lentezza, forse erano le automobili a procedere con lentezza, le strade erano ancora più strette o questa non c’era proprio allora, perché in effetti impiegavano quasi cinque ore. Lui molte volte faceva lunghi sonni. Aprendo gli occhi assisteva sempre alla stessa scena e sentiva le stesse parole:

“Ecco Salvatore. ‘Va. Meno male che l’abbiamo trovato subito, così ci rinfreschiamo in camera. Tonì accompagna u picciuliddu da Michelino”

Michelino era il pasticciere, dove Mattia faceva man bassa di savoiardi, dolci e soffici.

Il profumo di quella pasticceria non l’aveva mai più sentito in vita sua, neanche nelle più rinomate di Roma. Lo si avvertiva già arrivando in paese. Quando, il giorno dopo, rientravano a casa portavano grandi vassoi colmi di questi savoiardi speciali. Piacevano tanto anche alle sorelline, agli adulti erano riservati grossi e proibitissimi babà.

            Salvatore fu sorpreso nel segnare il cognome Mastai, sul registro. Guardò Mattia, sollevando gli occhiali. La targa “ROMA” della macchina l’aveva disorientato. Fu estremamente sorpreso e sfociò nell’incredula  e scontata frase sul cambiamento fisico.

“Saranno stati tutti i savoiardi di Michelino a farmi crescere così” ironizzò Mattia.

Michele si chiedeva come avrebbero impiegato il tempo fino a sera, in un paesino così piccolo e senza mare.

“Prima che tramonti il sole, possiamo riposare un poco. Giusto per rinfrescarci, se ti va”

“Credo di cominciare ad abituarmi ai tuoi desideri, insisto nell’affermare che la Pietraia è al di sopra di tutto” rispose Michele.

Fu una serata noiosa. Mattia era taciturno, Michele cercava la minima novità che potesse rendere in qualche modo accettabile l’inutile sosta. Ascoltò il racconto dei ricordi sui savoiardi.

“Non staremo invecchiando prima del tempo? Non parliamo altro se non di ricordi!”

Michele era infastidito, stavano per rientrare, ma volle riuscire. Disse a Mattia che sarebbe andato ad ordinare i vassoi di un tempo, babà e savoiardi da portare a Lauretta e Adele. Il pasticciere al racconto fatto da Michele, condito con i ricordi di Mattia, lo rassicurò dicendogli che li avrebbe preparati la notte, in modo che la mattino presto, per la loro partenza, sarebbero stati ancora caldi.

La lunga estenuante giornata di Mattia finiva ancora una volta in un letto diverso, la noiosa giornata di Michele finiva davanti al bancone del pasticciere, dove con l’albergatore mangiava con gusto delle brioches, delle tortine alla frutta e tutto quanto gli ispirava desiderio. Sorseggiarono del liquore di noci, accese un buon sigaro.

“Ci vediamo all’alba” e uscì, augurando  la buona notte.

I due uomini lo osservarono dalla testa ai piedi.

“Quello sì, che sa godersi la vita! Chissà chi è, pure questo!” osservò Salvatore.

Michele fece una lunga passeggiata in paese. L’aria fresca invitava a proseguire. Camminò tanto, si trovò fuori paese. L’unica luce visibile, oltre la luna, era il sigaro acceso. Era un uomo molto calmo, sapeva infondere serenità anche ai suoi pazienti. Stare vicino a Michele era piacevole. Eppure non aveva una donna da amare. Questa vacanza a casa di Mattia lo stava mettendo in crisi. Cominciava a sentire la mancanza di un affetto profondo, forse il desiderio di una famiglia.

            Si fermò, lo seguiva un cane. Avanzò di qualche passo e il cane avanzò. Si rifermò  e il cane bloccò la sua andatura. Michele si voltò. Il cane lo guardava con occhi tristi. Si fermò, chinandosi ad accarezzarlo. Era già molto tardi e pensò di tornare in albergo. Il cane ormai non lo lasciava più.

“Amico mio, siamo soli, che ci vuoi fare! Purtroppo ora le nostre strade devono separarsi!” disse al cane, lasciandolo fuori dalla porta.

            Non riuscì ad addormentarsi.

Si sedette in una poltroncina dietro ai vetri, fumando continuamente.

            Aveva perso la sua serenità.

            Si sentiva solo e tormentato.

            Aveva bisogno di una compagna, di un affetto sicuro.

            Non se ne era mai reso conto.

E Maddalena concretizzava la sua idea di donna. Passava in rassegna le amiche o le colleghe, che potevano piacergli o accendergli la minima fantasia erotica, ma tutte avevano il volto di Maddalena.

“Vuoi vedere che mi sono innamorato di lei?” si chiese.

            Per fortuna sapeva ironizzare anche su se stesso e sorrise al buio della notte, pensando che Mattia l’avrebbe ucciso o spinto giù dalla terrazza della Pietraia.

Era quasi l’alba, decise di sonnecchiare fin quando Salvatore non avrebbe dato loro la sveglia.

 

 

 

 

cap XVI

 Vaniglia

 

            Il sole era già alto quando ripresero il viaggio.

Mattia si sentiva riposato. Michele, stranamente taciturno, osservava il paesaggio,.

Dai sedili posteriori arrivava un profumo intenso di vaniglia e rhum. Sulla scia dell’aroma inseguivano i ricordi legati all’infanzia fino, forse, al ricevimento in onore di Mattia.

            C’è un posto dove tutti, prima o poi, ripongono il cuore e Michele l’aveva riposto nel desolato paese dove aveva scoperto la sua  desolata solitudine. Quelle case, a ridosso della stretta statale, con alle spalle gli orti e loro intimità, la stradina che conduceva subito fuori l’avevano guidato all’interno del suo intimo, dove in realtà lui non aveva mai sostato a lungo. Sempre pieno di impegni, sempre circondato di gente, si era trovato solo con se stesso e un cane randagio.

            Solo come lui.

Era in crisi.

Mattia ruppe il silenzio con domande di circostanza. Gli chiese come aveva trascorso la notte, se la stanza era stata adeguata alle sue esigenze.

“Sto bene, se non fosse che mi si è sballato l’equilibrio che credevo di avere. Passerà, appena ritornerò a Parigi, credo”

“Fermati qualche giorno in più, ti farà bene”

“Credo di essermi invaghito di Maddalena. Stanotte non ho fatto altro che pensare a lei”

Mattia credette che volesse prenderlo in giro. Accostò. C’era un bel boschetto al lato della strada. Potevano fare due passi. “Credevo di poterlo celare ancora” disse Mattia “ma vedo che tu hai capito i miei sentimenti e mi prendi in giro. Se non avessi l’età che ho, sarebbe più facile ammetterlo,  ma non siamo ragazzini. Michele io ho capito che senza di lei la mia vita è vuota, la amo alla disperazione. Sto male fisicamente quando non c’è. Comunque ieri pomeriggio ho deciso di aspettare il suo ritorno, esaminare con calma la cosa e poi prendere una decisione definitiva, insieme a lei”

Michele difronte a tale sincerità e a tale passione non trovava parole. Cominciava a sentirsi ridicolo e puerile per aver confessato proprio a Mattia l’amore per Maddalena.

“Se tornando a casa, dovessi già trovarla, sarebbe un dramma. Il conflitto tra sensi e ragione che vivo da quando sono arrivato mi ha stroncato. Non pensavo che amare tanto intensamente potesse arrecare tale sofferenza. Mi sono messo in un vicolo cieco, ho distrutto la sua tranquillità. Non possiamo più vivere separati. Sto passando le pene dell’inferno da quando so che è con il marito. Mi sono gettato su di lei come una iena, ho approfittato della sua debolezza nei miei confronti, senza riflettere. Se mi avessi visto in certe situazioni, non mi avresti riconosciuto”

Michele non sapeva cosa dire, ma non poteva immaginare Mattia che  usava violenza a Maddalena.

Andavano avanti e indietro, senza mai allontanarsi tanto dall’automobile. Dal finestrino aperto arrivava l’aroma dolciastro e rassicurante della vaniglia.

“In due giorni abbiamo avuto rapporti continui non  appena era possibile stare insieme, non riuscivamo a controllarci. Vedi, ora sono convinto che mi hanno tenuto nascosto il suo matrimonio perché temevano che volessi sposarla. Questo mi fa impazzire. Perciò ti prego non scherzare come prima, non tirare in ballo Maddalena per sciocchezze. Scusami”

Mattia risalì in macchina, ripresero il viaggio.

            Ad addolcire l’aria tesa l’intenso profumo di zucchero ancora caldo, burro, vaniglia.

Mattia seguiva il filo dolce, trasparente e caramellato, facilmente frantumabile, dei ricordi d’infanzia. Biscotti, torte e panini dolci erano stati i deliziosi compagni di allegre colazioni mattutine, con la serenità della famiglia riunita, piacevoli interruzioni nelle pesanti ore di studio nei pomeriggi invernali lunghi e noiosi. Affettuose e tenere richieste serali esaudite al mattino con il risveglio nell’aria di casa, profumata di vaniglia, latte, burro, quando il calore del forno saliva dalla cucina fin su nella sua camera.

            Michele era scuro in volto.

Mattia accostò di nuovo per far ammirare all’amico il paesaggio straordinario. Dal ciglio della strada, oltre il muricciolo, uno scenario naturale imprevedibile, dove convivevano in pacifica armonia i larici e gli eucalipti, spinose palette di fichi d’india e cespugliosi  geranei. Coraggiosi ulivi  sfidavano il ripido pendio fin quasi a lambire l’acqua del mare, separati e protetti solo da una striscia di sabbia bianca.

Mattia attirò l’attenzione di Michele su un punto lontano.

“Lì c’è la grotta di San Gregorio, se non sei stanco, potremmo andare a fare un bel bagno al largo e avvicinarci. Oggi il mare è calmo. Credo che Cassiopea abbia voglia di salpare”

Era apparentemente sereno, parlare al caro amico lo aveva aiutato. Michele non rispondeva, aveva perso il suo buon umore. Mattia intrappolato dai suoi problemi non riusciva a trovarne negli altri.

“No, non salperò con te e la tua Cassiopea, appena saremo rientrati cercherò di fare una bella dormita”

Era brusco, molto stanco. Nei giorni precedenti la novità del posto non l’aveva lasciato un attimo mentalmente calmo. Seguire la storia di Mattia era stato snervante, ma la cosa più amara era la scoperta della sua solitudine.

“Come credi, staremo bene anche senza far nulla. Ci vuole un pò di riposo anche per me. Michele da quando sono qua ho dormito pochissimo, forse stanotte è stata l’unica di sonno vero”

Scrutò con attenzione l’amico e fu assalito da un dubbio. E se Michele si fosse innamorato veramente di Maddalena? Gli chiese un sigaro.

            “Li ho finiti stanotte, mi spiace”

Era una risposta eloquente, Michele non aveva chiuso occhio per tutta la notte o quasi.

            “Dicevi sul serio prima, è vero?”

Gli chiese, certo della risposta. Michele non aspettò a rispondere.

“A chi dovevo chiedere il permesso a te o al marito?”

Non aggiunse altro e risalì in macchina.

“Come puoi innamorarti di una donna che hai visto due volte?”

Gli chiese incredulo Mattia.

“Allo stesso modo di chi l’ha avuta vicina per anni e non si è accorto di  amarla”

Mattia era infastidito, la sua situazione era critica e delicata, ora si aggiungeva pure Michele a renderla ancora più complessa.

“Siamo nella stessa situazione, caro mio” aggiunse ironico.

“Dai Mattia, torniamo alla Pietraia” gli disse Michele dalla macchina.

 

Donna Isabella non tardò a mostrare il suo disappunto al figlio.

“Potevi avvertirci di tutti questi spostamenti”

Mattia non poté che chiedere scusa e Michele per addolcirla le porse gentilmente i vassoi.

Laura fu lieta e gli fu grata per averle fatto ritrovare un sapore e un ricordo di infanzia e Michele le fu grato per il dolcissimo sorriso. Un sorriso gentile di donna deliziosa e in quel momento simbolo dei suoi desideri.

Cullava il piccolino, stringendolo tra le braccia con tenerezza. I suoi lineamenti addolciti dalla grande tenerezza che donava la avvicinavano al cuore di Michele. Non era Maddalena l’oggetto dei desideri, ma la donna proprio come donna, la sua, che sarebbe diventata anche madre, come Laura.

Maddalena era eccitante, perché era eccitante la situazione di Mattia.

Maddalena era l’idea della passione, Laura della maternità.

           

            Aveva scoperto di volere una famiglia.

 

Scendendo per la rampa stretta, nella solitudine del mirteto ripensò con nostalgia alla lunga passeggiata con il cane abbandonato, in cerca di padrone. Se mai fossero ritornati l’avrebbe preso con se.

Mattia era sorpreso nel constatare il suo silenzio. Michele si sentì rassicurato dalle conclusioni raggiunte e avvertendo sempre più forte la salsedine, i profumi oramai familiari della Pietraia, sentì il desiderio di vivere il mare.

            Il desiderio di provare sensazioni forti, di salpare con Cassiopea. Non aveva mai preso il largo su una vela, solo oceano aperto su solidi giganti del mare.

“E’ ancora valida la proposta di un bel bagno al largo?” chiese a Mattia.

E senza aspettare la risposta, che era un sicuro assenso, aggiunse con un sorriso:

            “Dovrò prima ricomprare i sigari”

Raggiunsero la Pietraia a passi più svelti. Prepararono un  caffè molto forte, si cambiarono.

            Bisognava far presto.

 

 

 

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