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Il Romanzo

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    Cap 1°        Porta di Mare

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    Cap 2°        Notturno

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    Cap 3°        Maddalena

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    Cap 4°        La Pietraia

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    Cap 5°        Il Vicolo

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    Cap 6°        La Vigilia dell'Assunta

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    Cap 7          Tempesta di mare

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    Cap 8°        Calura  

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    Cap 9°        Mattia

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    Cap 10°      Quiete

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    Cap 11°      Sciame meteorico

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    Cap 12°      Il mirteto

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    Cap 13°      Cassiopea

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    Cap 14°      Maestrale

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    Cap 15°      Il castagneto

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    Cap 16°      Vaniglia

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    Cap 17°      Bava di vento

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    Cap  18°     Solitudine

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    Cap 19°     Allegro ma non troppo

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    Cap 20°     Andante moderato

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    Cap 21°     Andante maestoso

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    Cap 22°     Adagio

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    Cap 23°     Autunno

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    Cap 24°     Tempo

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    Cap 25°     Prestissimo

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    Cap 26°     Allegro energico

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    Cap 27°    Allegro con moto

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    Cap 28°     Largo

   

cap V

 Il Vicolo

 

Vittorina sbrigate le faccende, si recò a casa della figlia. Ticchettò leggermente all’uscio. Non ebbe risposta. Stava andando via, quando si aprì la porta. Cosa insolita, Giovanni era in casa.

“Grazie per avermi avvertito del malore di Lenuzza. Oggi ho pranzato con lei e non andrò alle ceramiche al pomeriggio. Voglio che riposi tranquilla, che mi trovi vicino se ha bisogno di qualcosa. Almeno fino a stanotte”

Giovanni era semiaddormentato, ma visibilmente preoccupato per la giovane moglie.

“Non ti preoccupare, stanotte, se vuole,  posso dormire con lei, almeno finché non prende sonno. Poi devo lavorare pure io. Certe volte le feste sono un problema. Proprio stasera siamo tutti più impegnati” aggiunse pensierosa la suocera.

            Vittorina era stanca, accaldata.

Iati,iati, riposatevi pure voi. Avete ragione, questa festa, che la Vergine ci perdoni, è capitata in un momento sbagliato. Prima di addormentarmi ho pensato che potrei portare Maddalena a casa di mia zia, a Serra”

Con lo sguardo triste all’idea di stare senza la moglie, Giovanni aggiunse:

“Lì l’aria è buona. Si riprenderà presto. Per favore venite a svegliarmi alle sei, oggi pomeriggio. Arrivederci”

Chiuse l’uscio.

“Che caldo terribile, c’è un forno nel vicolo!” pensò. 

Entrando in casa, provò un immediato senso di benessere, di frescura. Tornò in camera da letto e, adagio adagio, si sdraiò a fianco alla moglie.

            Maddalena dormiva, serena.

            Il respiro leggero sollevava la camicia, che era appena slacciata. Giovanni restò a lungo a guardarla, avrebbe voluto accarezzarla, ma si trattenne, preoccupato com’era di svegliarla.

            Era bellissima.

Non poté trattenere a lungo il desiderio di sfiorarla. Le diede un bacio.

Provò ad addormentarsi, ma il sonno era uno strano compagno di viaggio della sua vita.

Il lavoro di pescatore, la responsabilità che aveva all’industria conserviera, la passione per le ceramiche, che era diventata pure lavoro, lo costringevano a riposi altalenanti.

            Non aveva ritmi normali di sonno.

Incrociò le braccia sotto la testa. Il suo sguardo si fissò su qualcosa di inesistente, di vagante. Cominciò a pensare alla sua vita coniugale, alla loro modesta abitazione, molto più decorosa però di tutte le altre del vicolo.

            Tutte di proprietà dei baroni.

 

“Non mi dovete l’affitto, fa parte del dono nuziale per Maddalena” aveva annunciato a Lenuzza e a Giovanni, donna Isabella, quando gliela avevano chiesta per abitarvi, dopo il matrimonio. Loro non ci avevano proprio sperato. Era la più spaziosa e in una bella posizione. Il vicolo era molto stretto, la casa stava in cima alla  salitina. Per accedervi c’erano pochi gradini, un corto portico dalla volta a vela incrociata.

Era in posizione dominante. Dall’uscio, in lontananza, si vedeva il mare. Giovanni aveva voluto sistemare la casa da solo. Per rispetto al suo amor proprio aveva rifiutato dignitosamente il restauro che voleva apportarvi donna Isabella e aveva rifiutato anche l’aiuto in danaro di Vittorina.

            “Che uomo sarei se non pensassi io stesso a sistemare la casa dove accogliere Maddalena e i nostri figli!” aveva detto alla suocera.

Aveva anche cercato di abbellirla. A poco la volta aveva sistemato vasi di coccio decorati, ricchi di belle fioriture stagionali. Con le ceramiche aveva decorato il portico e la cucina, piccoli pezzi, di colore e disegno diversi. Era venuto fuori un insieme variopinto bello a vedersi, che creava pure un clima di accogliente ospitalità.

Non avevano altri approcci col vicolo, se non l’uscio di casa. Una finestra dava sul cortile del Palazzo, quella della cucina, che poi era la grande stanza all’entrata, l’altra sulla valle, sulla rampa grande e la marina.

Giovanni e Maddalena erano il polo di attenzione dei vicini, quando uscivano di casa dovevano percorrere tutto il vicolo, passando davanti agli usci sempre aperti, come bocche spalancate al respiro o alle chiacchiere.

Giovanni si predispose mentalmente al riposo. Udì i passi intermittenti  di Vittorina sul selciato. Intuì che la donna sostava di tanto in tanto a chiacchierare con le vicine.

“Tutte vorranno saper del malore di mia moglie. Ci mancava pure un dottore nella famiglia dei baroni! Ora ci diranno anche quando dobbiamo riposare, mangiare o dormire. Forse aveva ragione Maddalena, quando voleva allontanarsi dai Mastai”

Era un pensiero un pò astioso, ma dalla sera precedente, da quando era arrivato Mattia provava una sensazione di disturbo.

Si voltò, per guardare la moglie e il suo seno candido che a malapena si intravedeva e che si sollevava ritmicamente al respiro. Sulla mano sinistra di Maddalena, dolcemente adagiata sul ventre, l’importante gioiello spiccava anche nella penombra. Era a conoscenza, Giovanni, del fatto che l’anello appartenesse a Mattia, glielo aveva confidato Lenuzza, dopo averlo ricevuto da Donna Isabella.

            A lui non nascondeva nulla.

-Mattia, Mattia!- ripeté a se stesso.

Era stato la sua spina nel fianco per anni e lo aveva confidato anche a Vittorina.

“Ma volete scherzare?” gli aveva risposto la futura suocera, quando ancora il matrimonio non celebrato le imponeva il ‘voi’ di distacco.

“Mattia e Lenuzza sono  fratelli di latte. Sarebbe peccato mortale se u baruneddu si facesse avanti con lei. E’ vero, sono molto affezionati, ma sono cresciuti insieme,  loro due, Lauretta e Adele e Giacomo”

Vittorina non pensava affatto al peccato mortale, ma sperava solo che Mattia non arrivasse all’improvviso, il giorno dello sposalizio e in effetti mancava dal paese da più di due anni.

            Intensificò le preghiere.

Sarebbe stato un vero disastro, conoscendo l’imprevedibile carattere del giovane e il fatto che non era stato avvertito del matrimonio di Maddalena.

            Da quel giorno, Giovanni non ci aveva più pensato.

            Mattia non era intervenuto al loro matrimonio.

“E’ a Londra” aveva detto Vittorina ai giovani sposi.

            Non aveva mandato neanche un telegramma.

“E se non fosse venuto proprio perché innamorato e deluso?”

Questo pensiero lo fece levare in mezzo al letto, di colpo.

“Che stupido sono! Proprio a Lenuzza va a pensare quello! Chissà quante donne ha avuto fuori”

Intanto giungevano dal vicolo leggeri rumori di scanni, trascinati per essere rimessi a posto.

In un rimescolio tra sonno e tempo reale, captò qualche frase di un discorso interrotto.

             “Poi ti racconto tutto. Forse lei arriva fra due mesi e si  sposano qua”

Sembrava la voce di Vittorina, ma Giovanni era molto stanco. Le palpebre pesanti facevano fatica a reggere.

Poteva essere stata Vittorina, Caterina, Agata o Marta, a dare quella mezza notizia. Tutte le voci si confusero, mentre l’uomo si allontanava sempre di più dalla realtà che armonizzava sempre di più con i desideri.

            Confondendo sogni e verità

            Fuori, nel vicolo assolato,

            non era rimasta  una sola chiacchiera

             a razzolare di bocca in bocca.

 

© Copyright by Maria Luisa Caputo

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